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DIDJERIDOO E RESINE: QUANDO L'ARTE DIVENTA SUONO
di Andrea Furlan
Con questo articolo vorrei raccontare al lettore da dove nasce il mio stile nel costruire i didgeridoo, stile che, basato sull'uso di stoffe e resine, rappresenta la traduzione sonora della mia creatività di artista visivo. Innanzitutto, vorrei spiegare perché ho deciso di costruire didgeridoo.
La spinta iniziale è venuta dalla necessità di poter praticare con più facilità determinati stili e tecniche di didgeridoo. Infatti, differenti forme dello strumento permettono differenti approcci stilistici allo stesso. In passato, ai concerti mi capitava spesso di ascoltare suonatori affermati presentare pezzi estremamente virtuosistici. Dopo lo sbalordimento iniziale, mi sono reso conto che alla base di un’esecuzione virtuosa, oltre ad un ottimo musicista, c'è anche un didgeridoo costruito ad hoc per suonare con un determinato stile. Il salto di qualità che ho raggiunto semplicemente cambiando strumento, ed utilizzando un didgeridoo adeguato al mio stile, è stato stupefacente. Per questa ragione, negli anni, il mio apprendimento come suonatore è avanzato di pari passo con lo sviluppo di nuovi strumenti.
In secondo luogo, il mio approccio creativo al didgeridoo rispecchia il mio percorso artistico di pittore. La differenza tra un artista ed un artigiano sta nel fatto che un artista produce pezzi unici mentre un artigiano produce in serie. Come con i quadri, anche quando costruisco i didgeridoo mi piace sperimentare nuovi materiali e nuove forme, ideando strumenti unici, con caratteristiche e potenzialità sempre diverse. Senza questa visione creativa, non avrei intrapreso l’attività di costruttore. Come suonatore, sono sempre stato affascinato dall'idea di avere un didgeridoo unico, assolutamente personale, visto che con il passare del tempo sicuramente mi ci affezionerò.
Un altro impulso importante che ha contribuito a sviluppare la tecnica che utilizzo nel costruire i didgeridoo è venuto dai viaggi che ho fatto in questi ultimi dieci anni, visitando paesi estremamente diversi per cultura e tradizioni, in Europa, Africa e Sud America. Ho conosciuto molti bravi musicisti ed i loro strumenti, facendo tesoro di ogni nuova esperienza, ed ogni viaggio mi ha permesso di aggiungere un tassello in più nella mia sperimentazione sia di artista come di musicista. Ho potuto quindi sperimentare strumenti di diverse dimensioni e forme, da cui è nato un repertorio molto vario. Io credo che non esista il didgeridoo “perfetto”. Penso piuttosto che, parlando di buoni strumenti, ne esistano due tipologie: la tipologia dei didgeridoo “tuttofare”, che permettono di poter affinare molte tecniche, e la tipologia dei didgeridoo espressamente costruiti per un determinato stile, che permettono quindi di poter raggiungere il virtuosismo in determinate tecniche. Ovviamente una scelta non esclude l'altra. Torniamo ora alla tecnica che uso nel costruire gli strumenti.
L’idea di far uso della mia esperienza artistica e dei conoscimenti maturati in ambito pittorico e scultoreo per realizzare didgeridoo, è nata mentre mi trovavo in Bolivia, a La Paz, per promuovere i miei quadri. L’idea è stata quasi una folgorazione ed il punto di partenza per una ricerca approfondita su forma e suono, rapportati ad una ricerca estetica. In particolare, mi piace utilizzare nei miei strumenti tessuti di vario genere. Mi affascina l'idea di rendere solida una materia di per sé soffice e leggiadra come quella di un tessuto.
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Figura n°1 - Resina epossidica e pigmenti su tavola. 50x50 cm. |
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Figura n°2 - Resina epossidica e pigmenti su tela. 100x100 cm. |
Durante i miei viaggi ho potuto scoprire i tessuti tradizionali di diverse culture, tessuti antichi dalle interessanti caratteristiche tecniche. Nei digeiridoo, questi tessuti si uniscono a materiali moderni, come la resina epossidica. Tradizione e modernità che si ritrovano in uno strumento dalle sonorità contemporanee, ed usato da migliaia d 'anni.
Il primo tessuto che ho pensato di “tradurre” in solido, in forma, in didgeridoo appunto, è stato l'awayo boliviano. Quando vivevo nell'altopiano boliviano, era per me comune vedere la popolazione locale, per lo più le donne, usare questa stoffa avvolta sulle spalle, per portare qualsiasi genere di cosa: frutta, verdura, lana, la spesa del giorno, o il proprio bebè. L’awayo è conosciuto per la sua robustezza come tessuto di cotone e per l'incredibile tessitura dei suoi colori, estremamente vivi.
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Figura n°3 – Stoffe di awayo in vendita al mercato di La Paz |
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Figura n° 6 – Donna con la tradizionale fascia porta-bebè in awayo. Foto scattata nella regione delle Yungas in Bolivia. |
Per maggiori informazioni sui didgeridoo in awayo:
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/awayo-didg
In seguito, la mia curiosità di sperimentare nuovi materiali si è spostata verso tessuti di tutt'altra provenienza, ovvero l'Africa. Durante un viaggio in Sudan, ho trovato un altro tessuto dalle caratteristiche uniche: un tessuto non tessuto, ovvero un tessuto creato dalla natura stessa. Tipico delle regioni centro africane, il Ficus Natalensis, è un albero la cui corteccia può essere srotolarla in fogli. In Sudan questa corteccia è utilizzata principalmente per realizzare abiti che hanno la caratteristica di tenere fresco e riparare dal sole. Ho scelto questo materiale per la bellezza della sua tramatura creata dalla natura stessa.
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Figura n° 7 – Stoffa ricavata dal Ficus Natalensis. Fonte: internet. |
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Figura n° 8 – Estrazione della corteccia da un albero di Ficus Natalensis. Fonte: internet |
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Figura n° 9 – Didg Ficus n.1 (1,60 m) |
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Figura n° 10– Didg Ficus n.2 (2,15 m) |
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Figura n° 11 – Particolare dell’imboccatura del didgeridoo in Ficus n° 2 |
Per maggiori informazioni sui didgeridoo in ficus:
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/didg-ficus-natalensis-n-1
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/didg-ficus-natalensis
Girando per i mercati del Kenya, invece, ho trovato invece un tessuto, diciamo… da festa! Un tessuto di un certo spessore, usato dalle donne come vero e proprio abito, semplicemente avvolgendo la stoffa intorno al proprio corpo. Con questa stoffa ho deciso di creare due succosi pezzi in Re di due metri circa.
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Figura n° 12 – Didgeridoo in tessuto africano. Particolare delle forature. |
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Figura n° 13 – Didgeridoo in tessuto africano: campana. |
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Figura n° 14 – Didgeridoo in tessuto africano: imbocco. |
Per maggiori informazioni sui didgiridoo in tessuto africano:
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/didg-african-textile
Dopo aver sperimentato i tessuti tradizionali di Africa ed America Latina, mi sono chiesto perché non dirigere la mia attenzione su una stoffa meno “esotica”, ma forse la più conosciuta al mondo: il jeans. Il jeans è una stoffa dalle mille varianti di colore e grammatura. Una volta un amico mi disse “perchè jeans?!” ...ed io risposi: “e ...perchè no?” ;)
Quando possediamo uno strumento che ci piace, lo suoniamo praticamente ogni giorno. Per questo ho ritenuto importante anche dare anche un senso estetico ai pezzi che costruisco.
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Figura n° 15 – 20 m di jeans, che si sono trasformati in didgeridoo… |
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Figura n° 16 Particolare della cerniera |
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Figura n° 17 Particolare della cerniera |
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Figura N° 18 didgeridoo jeans |
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Figura n° 19 – Didgeridoo in jeans: vista interna della campana |
Per maggiori informazioni sui didgiridoo in jeans:
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/didgi-creations
Ad un certo punto del mio percorso creativo nell'ambito della costruzione degli strumenti musicali, mi è venuta la curiosità di sperimentare un materiale completamente diverso da quelli fin qui descritto, come la fibra in carbonio. Conoscevo i vantaggi di questo materiale per il rapporto leggerezza-resistenza. Quello che mi ha sorpreso usandolo per costruire i didgeridoo è stato invece il bellissimo gioco cromatico dato dalle fibre di carbonio, gioco che nessuna macchina fotografica riesce a riprodurre in fotografia. Inoltre, gli strumenti in carbonio hanno le pareti molto sottili, che consentono una risonanza unica, una vibrosa backpressure da provare.
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Figura n° 20 – Didgeridoo in carbonio: veduta interna della campana |
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Figura n° 21 - didgeridoo in carbonio |
Per maggiori informazioni sui didgeridoo in carbonio:
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/carbonio
Recentemente, ho iniziato ad interessarmi all'uso dello slide nel didgeridoo. A dire la verità, finora non me ne ero mai occupato un po’ per scetticismo, avendo un didgeribone in plastica, basicamente formato da due tubi scorrevoli. Mi sono però reso conto del vantaggio di aggiungere uno slide ad un didgeridoo rispetto a suonare due tubi scorrevoli fra loro. Lo slide ha infinite possibilità espressive: è un po’ come avere un didgeridoo che ci piace particolarmente, ma con la possibilità di suonarlo in diverse note. Devo dire che l'idea di abbinare l'argento lucido dell'alluminio per lo slide e per i giunti con il jeans e relativa cerniera è stata immediata, con risultati molto divertenti.
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Figura n° 22 - slide didgeridoo smontabile. |
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Figura n° 23 - estensione dello slide |
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Figure 24 – particolare degli slide didgeridoo. |
Per maggiori informazioni sui didgeridoo con slide:
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/jeans-slide
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/jeans-slide-3x1
I materiali e le forme che si possono utilizzare nei didgeridoo sono davvero innumerevoli, come potete vedere nelle figure seguenti, e questo è ciò che veramente trovo stimolante nel costruire questi strumenti.
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Figura n° 25 – Didgeridoo in lana: particolare della campana |
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Figura n° 26 –Didgeridoo in legno a sezione quadrata: particolare della campana. |
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Figura n° 27 – Didg-box in legno |
Per maggiori informazioni sui modelli di didgeridoo:
https://plus.google.com/photos/102636312488710983342/albums/5703465971240074737?banner=pwa
https://sites.google.com/site/didgeridooandrea/home/didgebox
E’ bello poter condividere e confrontare ciò che si fa con gli altri, stimola a migliorarsi e ricercare sempre di più. E chissà, io spero di aver aggiunto qualcosa di nuovo alla vostra didg-cultura!